Voglia di avventura


“Quando un giorno che secondo voi dovrebbe essere mercoledì, vi sembra fin dall’inizio domenica, potete star certi che qualcosa non va”.
Se qualcuno ricorda un incipit più efficace e suggestivo di questo (si parla di letteratura in generale e non solo di fantascienza) questo è il momento di parlare.

Lessi Il giorno dei trifidi di John Wyndham al tempo del liceo, in un Oscar Mondadori con prefazione di Fruttero & Lucentini. Fui fulminato fin dall’inizio. Provavo quasi un dolore fisico per non poter scorrere le righe più in fretta e ricordo che dovevo faticare per reprimere l’impulso di girare le pagine per vedere come andasse a finire una certa situazione non ancora letta. Il romanzo che lessi apparteneva a un mio compagno di scuola e, per non restituire il prestito, rammento che inventavo continue scuse. Infine quello desistette dai tentativi di rimpossessarsi della sua proprietà, lasciando l’agognato volumetto nelle mie mani (lo risarcii della perdita con un romanzo della trilogia galattica di Asimov).

Breve nota. I miei gusti in fatto di fantascienza si dividevano e si dividono equamente tra due filoni. Quello delle grandi invasioni aliene: organismi di altri mondi, sempre animati da voglia di genocidio o sopraffazione distruttiva, cercano di assumere il controllo del mondo sterminandone gli abitanti. E quello avventuroso-catastrofico, molto in voga qualche decennio fa, tempo di guerra nucleare vista come possibile e forse probabile: l’incuria o la sete di potere degli uomini generano un cataclisma che distrugge gran parte della civiltà e tu (tu lettore che ti identifichi nel protagonista) devi sopravvivere in mezzo a difficoltà di ogni tipo. Il giorno dei trifidi appartiene al secondo filone fantascientifico. Ecco in breve l’inaudito inizio.

Ti svegli una mattina in ospedale. Tutto ti sembra strano. Gli orologi hanno battuto le sette e poi le otto, ma non senti il minimo rumore di traffico. Eppure il tuo ospedale è in una delle strade più rumorose e trafficate di Londra, e sai con certezza assoluta che quel giorno non è domenica.
Hai gli occhi bendati e non vedi niente. Hai subìto un’operazione chirurgica agli occhi (difficile, non sai se continuerai a vedere) e proprio questa mattina aspetti che ti tolgano le bende. Con molte difficoltà raggiungi il campanello e lo suoni e poi lo suoni ancora. Niente. Non viene nessuno. Chiami a tutta voce. Neanche l’ombra di un’infermiera. E intanto ancora nessun rumore di traffico. Cogli ogni tanto scalpiccii confusi e suoni di lamenti lontani. A un tratto capisci che sei solo e che nessuno verrà mai da te.
Sei costretto a prendere una decisione rischiosa. Devi toglierti le bende dagli occhi, anche se ciò potrebbe essere deleterio per la tua vista. Lo fai e ti va bene. La vista è annebbiata, ma poi si schiarisce. Ci vedi ancora.
Vai fuori. Nessuno. L’ospedale è deserto. Hai paura. Sei solo. Nessuno a cui domandare nulla. Percorri stanze e corridoi senza vita. Per le scale incontri finalmente un dottore. Gli chiedi informazioni. Lui ti domanda sorpreso: ma lei ci vede? Strana domanda, ti dici, ma rispondi che ci vedi perfettamente. Ti chiede di aiutarlo a raggiungere la finestra più vicina. Lo fai. L’attimo dopo il dottore a cui hai chiesto informazioni si è gettato di sotto spiaccicandosi in strada (sei al quinto piano).

Esci finalmente in strada e ti rendi conto della tragedia. È capitata una catastrofe che ha reso ciechi tutti gli uomini. A quanto pare sei il solo che ci vede. Londra è in pieno caos. La vita civile non esiste più. Niente polizia. Niente legge. E oltretutto le strade sono invase da creature vegetali di origine aliena, i trifidi, che uccidono con aculei avvelenati chiunque abbia la disgrazia di trovarsi sul loro cammino (perché possono spostarsi).