Carico di libri, in bilico tra felicità perfetta e perfetta coglioneria


Sei giù di corda. Le cose non vanno. Hai la luna storta. Bisogna correre ai ripari. Che fare? Passeggiare, ascoltare musica, andare a cinema? No, questi sono palliativi buoni per lenire un poco di monotonia. Quando la situazione si fa grave, esiste una sola via d’uscita per far tornare il sorriso sul tuo volto rabbuiato. Shopping.
Eccola qui, la parola magica che tiene alla larga i cattivi umori: shooooppingggg!!!!

I problemi non sono finiti, perché esistono tanti tipi di shopping quasi per quante persone abitano questa valle di lacrime. Comprare, sì, ma che cosa? Di quali oggetti devi impadronirti per gratificare la tua anima abbacchiata? La scelta più facile sarebbe spendere in abbigliamento. Comprare pantaloni, felpe o scarpe alla moda per migliorare il tuo aspetto fisico e quindi il tuo ascendente presso gli altri. Ma c’è il problema che a te non te ne frega niente di come vesti, porti lo stesso tipo di jeans da un quarto di secolo e scarponi robusti, brutti a vedersi, ma ottimi per camminare. Allora che cosa comprare? Un telefonino di ultima generazione, un navigatore satellitare, qualche sofisticato ammennicolo da computer o perfino una pizza quattro stagioni? Ancora non ci siamo. La maggior parte di quegli oggetti è fuori dalla portata delle tue tasche (e poi non sapresti che fartene di un navigatore satellitare o di un odioso telefonino Facciotuttoio)… La pizza? Quella ti rimane sullo stomaco. Però a ben vedere non sei messo male. Perché c’è qualcosa che ti piacerebbe acquistare. I libri. Ne vai matto. Romanzi di avventura o saggi scientifici divulgativi. Ecco la direzione in cui puoi dirigere il tuo shopping scacciapensieri. E sei pure fortunato, perché nella tua partenopea città, e segnatamente nel luogo denominato Port’Alba, ci sono bancarelle dell’usato in cui puoi acquistare ottimi libri a poco prezzo.

Ieri ero un pochino a corto di buonumore e ho quindi deciso di dedicarmi al mio shopping preferito – che per mia fortuna è il solo shopping che posso permettermi – l’acquisto di libri usati. In tutta sincerità avevo poche speranze di trovare buone occasioni sulle bancarelle (ormai note ai frequentatori di questo blog) della napoletana Port’Alba. Infatti, arrivando da via Mezzocannone a piedi come mio solito, ho notato che le prime bancarelle non presentavano novità degne di nota e che per di più i prezzi risultavano per niente attraenti, da cinque a dieci euro. Poi a un tratto sono rimasto di sasso.
Una libreria nella quale a dire il vero non ci avevo quasi mai comprato niente era letteralmente gonfia di volumi nuovissimi, rilegati con cura, stampati in caratteri nitidi e grossi e perfino con le pagine che odoravano di nuovo. Il prezzo? Pareva un miraggio. Due euro a volume (per libri che spesso davano l’impressione di costare dieci volte tanto). Non credevo ai miei occhi. Ho occupato subito una posizione strategica sulle bancarelle, scalzando alcuni perditempo che rovistavano senza convinzione. Quindi ho cominciato a impadronirmi di romanzi su romanzi. A un tratto il proprietario della libreria mi ha invitato a scegliere la merce dentro la libreria, perché avevo accatastato tanti di quei volumi sulle bancarelle che impedivo l’accesso ad altri eventuali acquirenti.
Il mio bottino finale è stato di dieci robusti volumi, per una spesa di venti euro (cifra non irrisoria per le mie tasche, ma molto ben investita nell’occasione). Ho preso un paio di romanzi avventurosi di Wilbur Smith, qualche thriller tecnologico, un giallo ambientato in epoca vittoriana, un saggio di evoluzionismo di Stephen Jay Gould e un robusto volume di Vittorio Zucconi su Cavallo Pazzo e sulla tragedia dei Sioux. Ho stimato di essermi impossessato di qualcosa come cinquemila pagine stampate e il fatto di averle pagate solo venti euro mi dava una gioia profonda difficile da spiegare. Leggere qui per avere maggiori dettagli

Ovviamente il buon Dio ha ritenuto che la perfetta e travolgente felicità che percepivo, mentre sfociavo a piazza Dante con una voluminosa busta contenente libri più numerosi e pesanti di quelli dello zaino di uno studente secchione, fosse troppa per un semplice mortale… Ed ecco quindi che ha ritenuto di ammonirmi a non gioire troppo. Infatti, non ero nemmeno giunto a metà della piazza che mi sono bloccato sentendomi un coglione di quelli brutti. Diciamo pure uno di quei babbei calzati e vesti che sembrano ridicoli perfino nelle operette.
E’ accaduto che mi sono girato e ho visto alcune ragazze attraenti, di cui una magnifica in minigonna, che ridevano con giovanottoni ghignanti all’apparenza non troppo inclini al pensiero riflessivo. La situazione era più o meno la seguente. Qui nel mio pugno c’era la busta di libri che mi segava la mano con il suo onusto fardello e lì c’erano le gambe della ragazza, quella bella. Mi sono detto qualcosa che suonava come: ma che cazzo ho da essere felice?
Non mi resta che ringraziare il Cielo per avermi allontanato dalla lussuriosa gioia a cui a volte può spingerci la letteratura e avermi riportato nell’ambito della modestia terrena. Ora però comincio ad attaccare il libro di Zucconi sui Sioux. :-)

Nessun commento:

Posta un commento