Il mio romanzo in breve



L’incipit:
Le mollai un pugno in faccia, ovviamente, e ovviamente non fu contenta. Grugnii eccitato, ovviamente, catturando il suo seno nelle dita strette ad artiglio, grugnì pure lei, ma ovviamente non fu contenta ancora una volta. Le morsi il nudo della spalla e non fu contenta, le sbavai sul collo e nemmeno ora mostrò di gradire le mie attenzioni. Ero pazzo ed era pazza pure lei, forse solo perché si trovava in balia di un pazzo, mezzo stordita, in un luogo che non conosceva.

Un brano del finale:
«Vuoi sapere cosa provavo per Teresa? Cosa mi legava a lei? Potrei dire che provavo amore, ma cosa significa questa parola? La usano tutti, quasi sempre a sproposito. Si fa presto a dire amore quando una persona belloccia ti fa andare via di testa con un paio di complimenti e un po’ di sbaciucchiamenti ben portati. Te lo dico io cos’è l’amore, quello vero, quello che ti annienta qui dentro. L’amore è quando ti pare di aver ricevuto un dono. Un dono unico e inatteso. È quando ritieni di non poter contraccambiare questo dono di inaudito valore, per quanto tu ti impegni, in tutta la tua vita. Mai in tutta la vita. Mai, mai, mai. Capisci? Teresa mi ha fatto un dono così un giorno. Mi ha donato se stessa, non il suo corpo, ma se stessa. Ha dato se stessa a me che non lo meritavo. A me che non me l’aspettavo».
Feci una pausa, d’un tratto le parole non mi uscivano più di bocca, ora ogni singola sillaba mi costava uno sforzo. Tentai di parlare ancora, ma non ci riuscii. Del resto che altro avrei potuto aggiungere? Potevo solo riempirmi la bocca con la parola amore e convincere la mia prigioniera che, ogni volta che ripetevo quel vocabolo, diventavo un pochino più pazzo.

La quarta di copertina:

Magari sei un balordo, ma, pur con i tuoi vizi spregevoli, riesci a tenerti dentro i confini della società. E magari capita che un giorno ti innamori, e che proprio ciò che dovrebbe renderti più umano ti faccia percorrere quel centimetro che ti fa uscire dalla normalità. L'amore fa impazzire? Forse. L'amore crea mostri? Può darsi.
Nessuno è in grado di prevedere cosa può succedere quando un uomo incontra una donna. Soprattutto quando l'uomo è uno stupratore occasionale e quando la donna è una figura forte, ma incomprensibile come Teresa.

Criminali umani


Scrissi la prima stesura di Atto d’amore molti anni fa e poi la tenni nel cassetto. Volevo parlare di un balordo, uno stupratore, un tipo che si comporta davvero male, non per finta, che non ha sensi di colpa. E volevo che a un tratto questo personaggio provasse un'emozione nuova, diversa, qualcosa che sconvolge il suo equilibrio interno, perché nonostante il suo comportamento aberrante il protagonista aveva un suo equilibrio per quanto anormale, per esempio non era un assassino. Ho cercato di spiegare questo mio intendimento con un paio di frasi sulla quarta di copertina, quando dico: "l'amore fa impazzire? Forse. L'amore crea mostri? Può darsi."
Come tutti, spesso sento notizie inquietanti al telegiornale. Omicidi, stupri, massacri, mostri di ogni tipo. Spesso mi chiedo come sono nella vita di tutti i giorni gli autori di quei crimini. Qualche volta mi pare di immaginare che siano esseri umani come me e come le persone che si incrociano per strada. Gente che sogna e forse soffre. Gente che qualche volta ride e che probabilmente vorrebbe essere diversa da come è. Ricordo che mi impressionò molto una notizia che sentii più di un anno fa. Riguardava Natascha Kampusch, quella bambina diventata poi giovane donna rapita da un uomo adulto con evidenti problemi di comportamento e poi segregata in cantina per anni. Il giorno in cui diedero la notizia l'uomo si era appena suicidato buttandosi sotto il treno. La ragazza, Natascha, si accusava della morte del suo rapitore. Disse che sapeva che lo avrebbe ucciso se fosse scappata come poi aveva fatto. Non si afferrava molto di quella storia, si capiva che c'era stata molta infelicità in quell'insano rapimento, e si intuiva pure, perlomeno lo intuii io allora, che i rapporti tra orco e ragazzina erano molto diversi da come potevano apparire a prima vista. C'era qualcosa che non si coglieva e che probabilmente non si sarebbe colto mai. Quella storia mi impressionò tanto che scrissi un post intitolato "Due esseri umani".
Pensai che dopotutto siamo tutti esseri umani, anche se tutti evidentemente meritano una giusta punizione per i loro delitti.

Prefazione on the rocks



Ecco la prefazione dei blogger al mio romanzo di cui parlavo qualche post sotto:

In un primo tempo non consideravo con favore l'idea di una prefazione. Mi pareva un elemento prolisso in cui qualche personaggio più o meno accademico finisce per dire cose più o meno pompose e più o meno noiose sulla tua storia. Però un lettore mi ha fatto rilevare la mancanza di questo elemento del libro e
si sa che il lettore ha sempre ragione. Ho avuto un'idea che mi pare buona. Invece di interpellare il severo personaggio in questione, che tra l'altro non so neppure dove andare a pescare, il mio libro ospiterà una prefazione basata sui commenti di alcuni blogger. Secondo me potrebbe venirne fuori una cosa più interessante e frizzante e in ogni modo si tratterebbe di un gioco. Infine il blog è stato il mio mondo negli ultimi due anni e non può sembrar strano che io mi rivolga a esso. Viva i blogger, dunque, perché quando sono schietti, a mio avviso, hanno qualcosa della libertà, dell’imprevedibilità e dei mille colori degli artisti da strada.

Francesco Cinque


Il tuo libro ha avuto il tempismo di arrivarmi durante un'influenza che mi ha costretto a letto per quattro giorni. Così, non solo mi sono potuta dedicare alla lettura senza altri pensieri visto che ero in malattia, ma è stato anche un alleato contro la noia. L'ho praticamente letto tutto di un fiato e mi è piaciuto molto. Mi è piaciuta la storia, ma soprattutto i personaggi. Ognuno ha qualcosa di particolare, stravagante e commovente allo stesso tempo. Dal maniaco, a Teresa, al barbone dalla dubbia nazionalità, fino alla dottoressa che porta il mio nome. Bellissime le considerazioni sull'amore. Spero che ti diano la possibilità di pubblicare ancora.
Simona: http://corrosempre.blog.tiscali.it

Ho appena finito di leggere il romanzo. Il libro è davvero incisivo, si legge con pathos, che hai saputo trasmettere fin dalle prime righe. La descrizione dei dettagli femminili, così minuziosa e intimistica, denota un occhio attento e sensibile. Mi è piaciuta la scelta di non nominare il personaggio principale maschile [in realtà un nome ce l’ha NdR], ma solo caratterizzarlo fortemente sul piano psicologico: un nome sarebbe stato troppo comune per un uomo che di comune non ha nulla. Infatti lui è solo il numero che sta sulla pedana al terzo capitolo. La sua abitazione scarna con la brandina recuperata, il suo alcool scadente, stride con lo spessore di un liceo fatto da ragazzo e questo lascia molto spazio all'immaginazione sui possibili retroscena che possono averlo condotto in questo baratro. Poi la protagonista, Teresa, un nome che ti entra dentro le orecchie, sottolineato in un passaggio con un corsivo che attira, come la sua gestualità, il sorriso beffardo e la tosse stizzosa. Sembra quasi di vederla nella stanza muoversi. Il Finale lascia un bel sapore perchè hai saputo fino alla fine regalare una tensione continua. E sono già prenotata per il prossimo.
Fantaghirò: http://fantaghiro.blog.tiscali.it/

Ieri mattina è arrivato il libro e ieri pomeriggio l'avevo già finito. all'inizio ho pensato che stavi messo male te e il tuo romanzo. :) Poi più leggevo e più mi piaceva e m'intrigava... mazza quante botte!! Menomale che c'era Teresa col cannone altrimenti appeso ci rimaneva. L'atto d'amore non ha confini e te sei un grande romanziere! Ne è valsa la pena di leggerlo.

Indio: http://invisibili.blog.tiscali.it

Bene, il libro l'ho trovato scorrevolissimo, alla [qui si fa il nome di uno scrittore americano ammirato e vendutissimo, paragone che sembra eccessivo NdR], originale e mi è piaciuto molto. Sei riuscito a dare un'anima a uno stupratore, inimmaginabile nella realtà quotidiana dove troppe donne soffrono per gli abusi sessuali di individui orribili, ma sei stato credibile a tal punto che nel finale mi sono commossa. Leggendo poi posso dirti di aver ritrovato "sfumature di blog".

elle: http://lelli.blog.tiscali.it

L'amore che si respira nel libro è un po' particolare non è l'amore a cui noi tutti siamo abituati non è l'amore fatto di sesso, di dolcezza, di abbracci, di lusinghe, di tenerezza. E' l'altro, quello "meno normale", quello che sai che non potrai mai ricambiare nemmeno se vivessi altri cento anni. Come dice bene l'uomo senza nome nelle ultime pagine del libro, "te lo dico io cosa è l'amore, quello vero quello che ti annienta qui dentro, l'amore è quando ti pare di aver ricevuto un dono". La storia è dolorosa. La storia è maledetta. La storia è di difficile comprensione. La storia è una gran bella storia con un finale inatteso. L'uomo senza nome fa quasi tenerezza alla fine, e io mai avrei immaginato dopo la prima pagina di poter provare un sentimento simile. Il libro è un libro che impieghi un po' a capire, ma che quando finalmente lo fai ti liberi da preconcetti e da pregiudizi.

Celia Sanchez: http://radioribelle.blog.tiscali.it

Atto d'amore. Sembra quasi la premessa per uno di quei romanzi rosa che tanto piacevano alle nostre nonne. Chi si attende un romanzo leggero ed ironico, intriso di sentimentalismo, sbaglia. Non è così. Tutt'altro. L'impatto con la storia è duro e sconvolgente. E' un romanzo fuori dagli schemi, di tutti quelli (forse centinaia) che ho letto finora. Se da questo libro si traesse un film, (e penso che sarebbe molto interessante), sarebbe un film vietato ai minori. Difficile definire l'anonimo odioso protagonista, uno psicopatico? Probabilmente no, perché è incredibilmente lucido. Uno psicotico? Forse. Di sicuro un uomo vuoto e del tutto amorale. Non ha amici. Non ama nessuno e neppure sé stesso. E' un violento, un drogato, uno stupratore seriale. Eppure una donna, che l'ossessiona con la sua bellezza, con il suo carattere fortissimo e con comportamenti apparentemente al limite della follia, riesce a destare qualcosa nel groviglio contorto della mente del protagonista. Che cosa? Qual è l'atto d'amore? Starà al lettore scoprirlo nelle ultime allucinanti pagine del libro.

Sergioberto: http://sergioberto.blog.tiscali.it

Atto d'amore è un libro che coinvolge. Crudo e violento ma vero, fino in fondo. Un libro scritto dall'ottica del cattivo, riesce a farti immergere nel suo buio e trascinarti dentro senza farti respirare, fino a farti tifare per lui, perchè lui ti farà capire qualcosa che spesso i nostri occhi non vedono. Per me scoprire Francesco Cinque è stato un immenso piacere, ancora più immenso nel farlo pubblicare.

Mariella: http://schizofrenieletterarie.blog.tiscali.it

Un romanzo la cui lettura toglie il fiato. Oltre il buio tocchi l'amore, un amore che oltrepassa i canoni comuni...

Cleide: http://cleide1967.blog.tiscali.it

La mia musa letteraria


Ho commesso una voluta svista nel titolo. In realtà Mariella, di cui parlerò in questo post, non è la mia musa ispiratrice letteraria, ma più una traghettatrice, una specie di valorosa Caronte che mi sta facendo guadare l'impetuoso e periglioso fiume dell'editoria.

Feci la sua conoscenza parecchi mesi fa, doveva essere qualche settimana dopo che ebbi pubblicato il post Il blog, ovvero la fulgida Spada della Libertà editoriale, in cui sostenevo con una punta polemica che il blog è alla fin fine è meglio e più democratico dell'editoria classica che pubblica romanzi. Per uno di quei casi della strani della vita, poco dopo aver sparato contro il mondo dell'editoria ecco che quel mondo, sempre distante e irraggiungibile, si palesò a me. Ricevei un messaggio personale dal mio blog. Una certa Mariella che lavorava nel campo della narrativa affermava di aver letto e apprezzato i miei post e mi domandava se avessi scritto qualcosa di più lungo come un romanzo. Ebbi qualche esitazione perché non scrivevo più narrativa da un bel po', ma dopo un'attenta riflessione dissi che sì, forse avevo un romanzo che poteva rientrare nell'argomento giallo-erotico indicato dalla mia interlocutrice. Gli si poteva dare una sistemata e vedere che effetto faceva.

Rispolverai i vecchi file del romanzo, ci mettemmo io a scrivere e Mariella a leggere e a valutare ed ecco che alla fine la mia storia fu pronta per essere pubblicata con il titolo di Atto d'amore. Si sa che i tempi dell'editoria non possono essere fulminei quindi ci vorrà ancora qualche mese prima che il mio romanzo vada in stampa.

La prefazione dei blogger


Ieri sergio berto mi ha fatto rilevare in un commento la mancanza di una prefazione al mio romanzo Atto d'amore. Il fatto è dovuto a un errore editoriale che ha mandato in stampa il libro in anticipo. In un primo tempo non consideravo con favore l'idea di una prefazione. Mi pareva un elemento prolisso in cui qualche personaggio più o meno accademico finisce per dire cose più o meno pompose e più o meno noiose sulla tua storia. Però il lettore ha sempre ragione e ho deciso di rimediare alla mancanza. Ieri sera mi è venuta un'idea che mi pare buona. Invece di interpellare il severo personaggio in questione, che tra l'altro non so manco dove andare a pescare, al mio libro si potrebbe fare una prefazione basata sui commenti di alcuni blogger. Secondo me ne verrebbe fuori una cosa più interessante e frizzante. Si potrebbe introdurre questo contributo con una frase in cui dico grossomodo che dato che il mio mondo è quello del blog ho preferito affidare a questa nuova e dinamica specie umana la presentazione del mio libro. I blogger hanno parecchi difetti, ma certo ti fanno annoiare meno di qualche professorone con la puzza sotto il naso.

Quindi raccolgo alcuni dei pareri degli amici che già hanno letto il mio romanzo e li inserisco nella prefazione. Poiché lo spazio è comunque limitato e i tempi sono ristretti, mi scuso con coloro che resteranno esclusi dal nostro gioco spero interessante.

Nella foto ho messo dei ragazzi che fanno murales perché i blogger a mio avviso, quando sono schietti, hanno qualcosa della libertà, dell'imprevedibilità e dei mille colori degli artisti da strada.

Disegnare la copertina del tuo romanzo



Disegnare la copertina del tuo primo romanzo, dopo che non tocchi una matita da qualche decennio e scoprire che l'immagine che crei, a dispetto di ogni previsione, non è poi tanto malvagia.
Capire tu non puoi, tu chiamale se vuoi emozioni.Come qualcuno saprà devo pubblicare un mio romanzo in un futuro non lontanissimo, ma nemmeno imminente. Come qualcun altro potrebbe aver saputo da un mio vecchio post, in passato ho cercato di fare il disegnatore di fumetti. Non è strano che a un certo punto io abbia potuto immaginare la copertina del mio romanzo. E' un po' più strano l'aver pensato di riprendere in mano matita e fogli da disegno dopo una vita.
Per un po' ho tentato di respingere questo mio impulso. Non si contano gli anni intercorsi da quando ho appeso al chiodo gli attrezzi da disegno. E anche quando mi esercitavo tutti i giorni copiando le tavole dell'immenso Burne Hogart - ossia del più grande disegnatore di Tarzan e di una delle più belle matite di tutti i tempi - beh, nemmeno allora ero un granché come fumettaro. Insomma, mi impegnavo molto, sono uno che ci dà dentro sempre, ma il talento con la matita è un'altra cosa.

In ogni modo ho deciso che un tentativo di disegnarmi la copertina del romanzo si poteva sempre farlo. Di certo non sarebbe morto nessuno. Sono quindi andato nella più grande cartoleria napoletana, la Guida, che neanche a farlo apposta si trova nella (in questo blog) pluricitata Port'Alba. Sono salito fino al secondo piano del negozio, quello dedicato agli artisti, piano a cui non salivo da quasi vent'anni. Ho ritrovato subito antiche emozioni rivedendo pennini e inchiostro di china, pennelli e manuali per imparare a disegnare. Mi è sembrato di mettermi in una macchina del tempo e tornare a un mondo che ormai non c'è più. Il massimo dell'emozione l'ho provato quando ho avuto in mano una boccetta di inchiostro nero di china. Immaginavo di immergervi un pennello e poi passare delicatamente le setole dell'attrezzo intrise di nero seppia su un foglio Bristol. E' un'emozione che può comprendere solo chi si sia dedicato a questa pratica, anche perché usare bene il pennello con la china è una pratica che riesce solo ai maestri dell'illustrazione (io per esempio non ci riuscivo, usavo il pennello solo per riempire grandi spazi neri).
Comunque non la faccio lunga, anche se le suggestioni al secondo piano della cartoleria erano tante. Ho comprato un po' di attrezzi da disegno, cercando di spendere poco perché avevo seri dubbi sull'esito del mio tentativo. A casa tuttavia, pur dopo un lungo periodo di riassestamento, sono riuscito a creare una figura che si avvicinava alquanto alla mia idea. Qui ho esitato. Si trattava di ripassare a china la figura. Situazione da prendere con le molle perché già quando sei allenato non è raro che inchiostrando un buon disegno lo rovini. In tutti i casi indietro non si poteva tornare. Mi sono raccomandato l'anima a Dio e ho inchiostrato. Ci ho dovuto dare dentro di gomito, dato che c'era da riempire di nero larghe sezioni di foglio.

Il risultato finale dei miei sforzi artistici non è malvagio. Non so se l'immagine che ho creato possa essere un'efficace copertina di romanzo. Però so che è una discreta illustrazione da fumetti. Insomma, si può fare pure di peggio di quanto ho fatto io.
Il problema è che non ho lo scanner. Quindi al più presto, metto il mio disegno o una fotocopia in una busta e la spedisco al mio editore. Se anche il mio disegno non fosse adatto a una copertina di romanzo, mi sono comunque divertito a farlo. E' stata una bella esperienza. E' proprio vero che non bisogna mai dire mai. Nella vita prima o poi torni a fare pure cose da cui avevi giurato di stare alla larga.

La copertina del romanzo da me disegnata è quella sopra. Ha perso nitidezza nel passaggio nello scanner, ma il disegno è quello.

Babbo Natale in libreria


Uno pensa, ho scritto un libro, un vero libro, e sembra pure non troppo malvagio. E' stato un lavoraccio, ma ormai è passata. Ci ho lavorato un sacco a quel romanzo, pensa uno, un tempo inenarrabile a ideare la storia, plasmare i personaggi, arricchire l'ambientazione e a scrivere dialoghi e poi a cancellarli, a spremerti le meningi per trovare un parolone trombone destinato a finire cestinato dopo due secondi, a modificare frasi e concetti e a revisionare, revisionare, revisionare ogni singola parola, a tonificare questo o quel verbo, a sostituire le tue originarie virgolette francesi con l'eleganza delle inglesi per poi scoprire che nelle bozze librarie le sopravvissute solite virgolette francesi ti spernacchiano alla grande. E' stata una faticaccia, ma ormai è andata. Ho trovato il titolo adatto, rimugina sempre quell'uno, e ho perfino prodotto, dopo secoli di astinenza dalla matita, un discreto disegno in bianco e nero da usare all'occorrenza per la copertina del romanzo. E' stata una sfacchinata da isola dei ciclopi, ma è finita, no? Ora tocca gli altri, no? Ormai sei fuori, non è vero? Ti puoi godere il riposo dei giusti osservando come gli altri ti vendono il romanzo partorito con tanto sudore della fronte e di altre parti del corpo. E' così, vero?

Niente di più sbagliato. La vera fatica comincia qui. Ciò che hai fatto finora è niente. Niente, nulla, nisba, zero, vuoto galattico. Perché ora bisogna vendere la tua creatura. Be', ti dici, e qual è il problema? C'è l'editore, persona ottima. Ci sono i suoi meritevoli collaboratori. La macchina editoriale provvederà a immettere il tuo figlio letterario nelle librerie. La gente lo prenderà in mano. Ne leggerà qualche pezzetto. Qualcuno potrebbe essere attratto dalla trama o dai personaggi. E poi non costa nemmeno molto. Non è così difficile immaginare qualche buon samaritano diretto alla cassa della libreria con il tuo romanzo in mano, no?
Sbagliato. Anzi sbagliatissimo. Il primo ostacolo a questo scenario roseo è che il tuo libro arriverà nelle librerie in cui potrà arrivare, non molte. Hai pubblicato con un piccolo editore, che pur essendo serio e correttissimo non ha certo la rete di distribuzione di Mondadori. Il tuo romanzo giungerà dove potrà. Inoltre anche i librai che avrai raggiunto considereranno il tuo romanzo come uno tra mille o meglio tra diecimila. Ci sono delle gerarchie da rispettare nell'esporre i libri. Prima di te vengono i best-seller o gli scrittori con una qualche notorietà, fosse pure quella di una valletta televisiva. Poi ci sono gli autori segnalati da giornalisti o opinionisti letterari, meglio se famosi pure questi ultimi, quindi gli scrittori tuoi parenti o amici o Amici degli Amici, Omini de Panza mica Quaquaraquà. E ci vogliamo per caso scordare di quel bravo guaglione che tu libraio hai cresimato quasi l'altro ieri il quale ha buttato giù pure lui il suo bravo diario cartaceo? Tutto qui? No, c'è pure quel po' po' di figliola che passa ogni sabato nella tua libreria, comprando poco, è vero, ma indirizzandoti qualche monosillabo che ti fa sentire per un istante un casanova. Sì, pure la fatalona ha scritto un libro. Mica vogliamo scordarci proprio di lei quando ci sarà da esporre i titoli?
Alla fin fine il tuo romanzo ha una probabilità prossima allo zero non solo di essere acquistato in libreria da un normale lettore - cioè non da un tuo parente catechizzato a dovere - ma persino di finire nel campo visivo anche periferico di questi. Pertanto, se il tuo libro non si vende in libreria o in luoghi affini, non rimane che una sola possibilità: il libro te lo devi vendere tu.

Ma come? Non si era detto che le fatiche erano finite? Non si era detto che dopo mesi e mesi lavorativi senza compenso, dopo notti insonni a revisionare il già revisionato, dopo millanta imprecazioni e angosce diuturne le tue pene fossero ormai alle spalle? Stupidaggini. Il bello cioè il brutto viene ora. Perché vendere un libro è mille volte più problematico e fastidioso che scriverlo. Anzi, se non in casi rari, la qualità di ciò che hai scritto non ha nessuna influenza sul numero di copie vendute. Venderai o non venderai per ragioni complicate, che quasi mai hanno attinenza con il valore della tua prosa.
La cosa migliore ovviamente sarebbe diventare famoso, partecipare a qualche programma televisivo, un reality show di chiacchiere, possibilmente sciocche, possibilmente litigiose, possibilmente volgari, possibilmente scambiate in mutande. Dato che questa ghiotta possibilità non è concessa a tutti, ti rimane sempre l'estrema ratio. L'ultimo asso da giocare. Ossia puoi pubblicizzarti da solo. E sei pure fortunato perché la stagione è quella propizia. Quindi non rimane che vestirti da Babbo Natale e caracollare per le rutilanti strade della tua città accarezzando la testa di antipatici e scostumati mocciosi, farti immortalare con sorrisi agonizzanti in foto con i suddetti mostriciattoli lagnosi, evitare di farti prendere dagli stessi a morsi, a parolacce, a pistolettate ad acqua, a calci negli stinchi o nei cosiddetti, a ditate negli occhi, sputi in faccia... e infine, dopo essere sopravvissuto alle veementi aggressioni dei piccoli criminali, estrarre le copie del tuo romanzo nascoste sotto la fluente villosità santaclausiana e cercare di rifilarle agli odiosi genitori degli odiosi mocciosi. Il tutto sperando che nessuno noti che la tua fatica letteraria non ha niente, ma niente dell'atmosfera natalizia che cerchi di sfruttare a tuo vantaggio.
Ho già fatto una sortita in un negozio che affitta vestiti di Babbo Natale. Mi hanno proposto un discreto costume a un prezzo ragionevole e credo che non mi lascerò scappare l'occasione. Quindi, cari amici virtuali e non, se nei prossimi giorni incrocerete per le strade di Napoli uno strano Babbo Natale piuttosto accigliato, uno che potrebbe avere l'aria di volersi trovare in un altro emisfero, che pare sull'orlo di un'esplosione d'ira stile Iliade, uno che porta scritto un grosso Vaffa Fuffa sull'esigua porzione di labbra visibile... ebbene non siate troppo severi con lui, perché quello sventurato Babbo Natale potrebbe essere il qui presente Capitano che tenta di sbolognare al prossimo due o tre copie del suo romanzo.

A Natale fa bene farsi due risate. Ringrazio Mariella Calcagno, la valente direttrice della collana Afrodite della Graphe.it, e Roberto Russo il mio editore, due ottime persone che sono certo sorrideranno pure loro per questo post.